In Giappone i riti sono molto diffusi. Il più conosciuto agli occidentali è la cerimonia del tè, con un fascino paragonabile a quello che noi viviamo andando a teatro.
I movimenti lenti, la stanza della cerimonia, il tè… tutti elementi atti a creare una scena sacra, intima, elegante.
E’ espressione dell’estetica zen.
Anche gli utensili hanno un ruolo fondamentale: dalla teiera alle tazze, ogni pezzo ha un nome specifico, e si tratta di oggetti preziosi.
Esiste un’ampia scelta di tipi di tè. Quello più utilizzato è il tè matcha, preparato in sospensione e riconoscibile per il colore verde ed il sapore forte.
La stanza del tè (chashitsu) è caratterizzata spesso da un preciso stile architettonico e ha il nome di “sukiya”. Nella sua forma più semplice, è composta da quattro tatami e mezzo e contiene tranquillamente sino a cinque invitati. Nel caso in cui siano presenti più persone, o per dare maggiore formalità al rituale, si utilizzano delle camere più grandi, “hiroma”.
Sukiya ed Hiroma sono caratterizzate da porte basse: inchinarsi leggermente entrando è visto come simbolo di umiltà. Sono presenti due entrate diverse, una per gli invitati, l’altra per l’anfitrione. All’interno troviamo un’alcova rialzata o tokonoma. La stanza è decorata con piante bonsai, pergamene illustrate e fiori disposti secondo i dettami dell’arte Ikebana.
Durante la cerimonia anche la parole scambiate hanno un canovaccio ben preciso.
I partecipanti stanno in seiza, cioè inginocchiati sul tatami. Il maestro del tè offre prima qualcosa da mangiare, solitamente dolce per attenuare l’amarezza del tè. Poi serve il primo ospite, con una tazza resterà la stessa per tutti i presenti.
Il braciere per il tè è appoggiato sopra ai tatami, oppure su un tatami che ha in un angolo una buca quadrata con cornice laccata detta robuchi.